Introduzione: la dinamica della Parola
Ci mettiamo in ascolto della Parola che ci ha convocate. Una Parola da ascoltare “oggi”, ma che viene da lontano. Prima di lasciarla parlare, proviamo a intuirne il cammino che l’ha portata fino a noi. Non intendo proporvi una panoramica sulla formazione del canone biblico e sulla sua recezione lungo i secoli. Desidero solo mettere a fuoco con voi la dinamica del cammino della Parola attestata nelle Scritture. Con un’immagine che qui mi limito ad evocare (e che potrebbe essere fruttuosamente declinata in più direzioni), la dinamica della Parola è paragonabile ad un’eredità, che ci giunge improvvisa, come dono immeritato da parte del testatario, affidato a noi così da poter usufruire di quella ricchezza. Non per niente la Bibbia cristiana fin da subito è ricorsa al linguaggio del Testamento, antico e nuovo: un modo di designare la Parola, certo, in termini di Patto, ma sottolineandone l’iniziativa divina, il carattere gratuito, insieme alla responsabilità del buon uso di quanto abbiamo ricevuto. Proprio come per un’eredità, la Parola irrompe nelle nostre vite in termini di dono gratuito (grazia) e domanda che ce ne facciamo carico, operando delle scelte e non limitandoci a custodirla intatta. L’eredità non è un dato di fatto ma un compito.
La Parola ereditata è dono offerto a figli e figlie: apre il futuro, fa crescere e responsabilizza. Chi lascia in eredità dice agli eredi: voi siete preziosi, come l’eredità che vi lascio; voi ora siete adulti: amministrate il mio tesoro. Ce lo ricorda l’apostolo Paolo, nella lettera ai Romani (non a caso, in quella lettera più matura che è considerata il suo testamento spirituale): «E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rm 8,17). Non figlie minorenni, ancora sotto il controllo genitoriale e bisognose di essere accudite, ma persone adulte e responsabili, chiamate a decidere, rischiare, amministrare con sapienza.
Al fondo dell’esperienza del dare in testamento e ricevere in eredità, più che una questione di patrimonio è in gioco la questione del desiderio: il desiderio che ha mosso l’operato del testatario, che si è materializzato nei beni realizzati e che ora tocca all’erede portare avanti. Come dire: più che dei beni, si eredita un desiderio, un sogno, che dovrà essere assunto non riproducendo a pappagallo quanto fatto da chi ci ha preceduto ma investendo quel capitale in nuovi progetti, generativi di futuro.
Saper cogliere questa dinamica “testamentaria” della Parola, custodire il senso del cammino che l’ha condotta fino a noi, ci preserva dall’intendere la convocazione alla stregua di un appuntamento seriale, gestionale – come le assemblee di condominio! – e ci mette di fronte al caso serio della Parola divina, che irrompe nelle nostre vite sempre in modo inedito, facendo «una cosa nuova», chiamandoci a percorrere insieme (con-vocazione) il cammino tracciato da Dio, osando credere che si possano aprire strade «nel deserto» (Is 43,19). E le strade aperte dalla Parola non sono le nostre vie con in più l’imprimatur divino: sono differenti, altre (Is 55,8-9), quelle che l’audacia divina ci dona affinché muoviamo i nostri passi nella direzione del suo Regno.
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